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SUL NUMERO DI GENNAIO SI PARLA DI…

Il 2024 si apre con una serie di novità che riguardano la nostra testata, a cominciare dal nuovo formato che permetterà di risparmiare sia in termini economici sia di sostenibilità ambientale, con una riduzione dell’impatto della carta e del peso nella spedizione.

Per il 2024 desideriamo rendere ancora più importante la missione culturale de La Manovella, l’organo ufficiale dell’Automotoclub Storico Italiano, proponendo argomenti che spaziano tra tutta la storia della mobilità, dalle scoperte che hanno fatto crescere la tecnologia applicata ai veicoli, alla vita delle donne e degli uomini che hanno contribuito a sviluppare non solo la tecnica, ma anche la filosofia di libertà e lo sport, sempre con uno sguardo verso il futuro.

La prima copertina del nuovo anno è dedicata alla storia sportiva della De Tomaso Pantera. La sua carriera agonistica inizia alla fine degli anni ’60 e prosegue fino ai primi anni ’80 nelle categorie Gruppo 3, 4, 5 e Gruppo C. Tra le vittorie più eclatanti, quella al primo Giro Automobilistico d’Italia del 1973 con Mario Casoni e proprio quell’esemplare ha da poco ottenuto il Certificato di Identità ASI e l’ambita “targa oro”.

Alejandro De Tomaso aveva fondato nel 1959 la Automobili De Tomaso per costruire vetture sportive e da competizione in piccola serie, dopo aver lavorato in Maserati e OSCA. All’inizio realizza piccole monoposto di Formula Junior, sport, più performanti F2 e tenta anche l’avventura in Formula 1. A livello di produzione di serie, nel 1963 compie un salto di qualità con la Vallelunga, una berlinetta con motore 1600, disponibile anche in versione spider.

L’attività è finanziata dall’americana Rowan Controller Company, che permette a De Tomaso di ampliare l’attività acquisendo la Ghia e la Vignale. La prima per la bravura dei suoi designer, la seconda per lo stabilimento di Grugliasco, attrezzato per far fronte alla produzione in serie. Questi abbinamenti danno vita a una produzione diversificata, con le piccole auto da città della Rowan (anche elettriche) e una GT di classe come la De Tomaso Mangusta, che monta un motore Ford.

La Casa automobilistica americana sta cercando di introdursi nel mercato europeo delle Gran Turismo: ha appena ottenuto gli importanti successi alla 24 Ore di Le Mans (1967 e 1968), vinto il Mondiale marche con la GT40 ma cerca di comperare la Ferrari. Non riuscendoci rivolge le sue attenzioni alla De Tomaso, rilevando l’80% del capitale sociale dalla Rowan. Nel settembre del 1969 viene ufficializzato l’accordo che prevede che Alejandro De Tomaso resti presidente dell’azienda.

Da questa situazione nasce la Pantera. Il design è di Tom Tjaarda, che lavora alla Ghia, e la carrozzeria viene assemblata alla Vignale con alcuni elementi prodotti da Maggiora e verniciata in Ghia, prima di essere inviata a Modena per il montaggio delle parti meccaniche. Il motore è il Ford 351 Cleveland V8 ad aste e bilancieri di 5763 cc in grado di erogare una potenza di 330 CV a 5750 giri/minuto e mantenere un’ottima coppia motrice. Il gruppo cambio-di.erenziale è uno ZF transaxle a 5 velocità con di.erenziale a slittamento limitato, dello stesso tipo usato sulle Ford GT 40 a Le Mans, ma con un particolare sviluppo volto a ridurne la rumorosità.

In questa configurazione la De Tomaso Pantera viene presentata a Modena nel marzo 1970. A settembre è esposta al Motor Show di New York. Il mercato statunitense è ritenuto il più interessante dal punto di vista commerciale, tanto che la Pantera viene importata direttamente dalla Ford e distribuita dalla rete dei concessionari Lincoln-Mercury.

La Lambretta 50 Junior arriva leggermente in ritardo rispetto alla sua concorrente storica, le Vespa, ma riesce comunque a ritagliarsi uno spazio sul mercato degli scooter per i più giovani.

Al naufragio della esagerata 520 “superfiat” scampa un progetto ben più realistico e realizzabile, una vettura dal lusso compassato e dalla meccanica raffinata: è la 519, probabilmente l’auto più prestigiosa mai prodotta dalla Fiat.

Nel 1926 Luigi Ganna, uno dei primi campioni del ciclismo, diversifica la sua produzione assemblando le prime motociclette a suo nome adottando i motori Blackburne, come la G26 Super Sport.

Insieme a Charlestone, Spot, 007 e altre, la Dolly è una delle serie speciali della Citroen 2CV realizzate dall’istrionico Serge Gevin, che ha contribuito alla lunghissima e intensissima carriera dell’utilitaria francese, frutto di una strategia commerciale imponente e brillante come per nessun altro modello.

L’innovazione estetico-funzionale dei parafanghi integrati nel corpo vettura risale agli anni ’20. È vantaggiosa per l’aerodinamica e l’abitabilità ma si afferma in ritardo per il conservatorismo del pubblico e i timori dei costruttori.