E’ stato il primo raid nella storia dell’automobilismo. Venne disputato nell’estate del 1907 lungo i 16mila chilometri da Pechino a Parigi. Su 40 partecipanti, dopo due mesi di gara, vinse l’Itala del Conte Scipione Borghese accompagnato dal meccanico Ettore Guizzardi e dall’inviato del Corriere della Sera Luigi Barzini. La celebre maratona Pechino-Parigi è stata riproposta nel 1997 ed oggi si disputa con cadenza triennale, organizzata dalla Endurance Rally Association. L’edizione 2019, partita il 2 giugno, si è conclusa a Parigi il 7 luglio: tra i 120 equipaggi ammessi ce n’erano anche tre italiani e, tra questi, i portacolori di ASI Enrico Paggi e Federica Mascetti su una rossa Fiat 124 Spider del 1971.
L’intrepida coppia – iscritta al club Varese Auto Moto Storiche e con un bagaglio di esperienza maturato nelle competizioni per fuoristrada, nei rally e in pista – ha portato a termine una vera impresa. “Da amanti del fuoristrada – ci ha svelato Enrico Paggi – sognavamo da anni di partecipare alla Pechino-Parigi, una sfida più difficile, lunga e avventurosa della Dakar. È davvero la gara delle gare, perché esistono altre prove che impegnano per alcuni giorni, ma qui parliamo di 36 giorni in condizioni spesso difficili tra sterrati, deserto, strade di ghiaia e guadi. Volevamo affrontarla con una vettura italiana, per questo abbiamo scelto la 124 Spider, che di fatto è stata la prima auto da rally della Fiat ad imporsi in questa specialità a livello internazionale. Per affrontare la Pechino-Parigi è stata opportunamente allestita e rinforzata in ogni parte, in modo da resistere a deserti e pietraie. Il motore, vero punto forte dell’auto, è stato messo a punto per poter usare benzine a basso numero di ottani e per girare bene anche ad altitudini elevate, come in Mongolia”.
La Pechino-Parigi di Paggi e Mascetti ha avuto anche – o soprattutto – una valenza benefica. ASI ha patrocinato la partecipazione dell’equipaggio varesino proprio perché animato da un sano spirito umanitario. “Con la nostra partecipazione – ha raccontato Paggi – abbiamo voluto sostenere il Comitato Maria Letizia Verga, che da quarant’anni si occupa delle leucemie che colpiscono i bambini. Conosciamo bene Giovanni Verga, fondatore e presidente dell’associazione, siamo sostenitori di questa iniziativa e sappiamo bene che i fondi raccolti per il Comitato vengono spesi per una causa giusta e importante, senza mai essere sprecati”. Così, la rossa Fiat 124 Spider si è trasformata in salvadanaio per raccogliere i 14mila euro che Paggi e Mascetti si sono prefissi. “Un euro per ogni chilometro percorso – ha specificato sorridendo Federica Mascetti – con l’obiettivo di sensibilizzare più persone possibili, a partire dagli amici che, come noi, sono appassionati di motori e di auto d’epoca”. I soldi raccolti saranno devoluti all’ospedale San Gerardo di Monza, fondato dal Comitato e donato al servizio sanitario nazionale.
Ora, però, vogliamo sapere com’è andata la gara…
“La felicità della partenza –ha raccontato Paggi – ha subito lasciato il posto alla delusione per la rottura delle sospensioni posteriori. Dopo cinque giorni tra steppe e deserti cinesi, ad Ulabator, capitale della Mongolia, abbiamo raddrizzato le barre posteriori e riparato gli attacchi degli ammortizzatori. Si è tranciata anche la barra diagonale. La sensazione di vivere in totale solitudine, per nove ore, fermi nel deserto del Gobi, è stata drammatica ma anche formativa. Recuperati dal camion d’assistenza, tutto è stato sistemato per noi e per altre dodici auto in avaria. Tra l’altro, mi piace, ricordarlo, in 14mila chilometri percorsi non abbiamo forato neanche una volta. Praticamente un record; forse un po’ di fortuna; sicuramente ottime le gomme Geolandar della Yokohama”.
“Mai abbiamo forzato il ritmo di gara – ha precisato la navigatrice Federica Mascetti – e le rotture meccaniche ci hanno accomunati ad altri equipaggi. Le pietraie sono inimmaginabili. E’ come tutti i rally raid, dove l’importante è ripartire. Abbiamo incontrato persone simpaticissime tra gli equipaggi e tra le diverse popolazioni che abbiamo incontrato, ma soprattutto tra i vari meccanici locali, che hanno lavorato gratis per riparare le automobili dei partecipanti”.