In occasione di Automotoretrò 2020 (LingottoFiere Torino, 30 gennaio – 2 febbraio) la Commissione Cultura dell’ASI ha sviluppato un tema di grande interesse, con il quale si assimilano i veicoli storici ai beni culturali e alle opere d’arte. Un argomento che verrà trattato e approfondito nel corso del 2020 in specifici convegni organizzati in tutta Italia. Un tema complesso e articolato, frutto di studi e ricerche che hanno impegnato per diversi anni la Commissione Culturale dell’ASI oggi presieduta dal toscano Luca Manneschi.
Quella che di primo acchito potrebbe sembrare una forzatura, cioè pensare un veicolo storico come bene culturale, in realtà non lo è per nulla. Ciò che per l’UNESCO identifica un bene culturale è che l’oggetto in questione sia “frutto di un atto creativo ed opera dell’ingegno umano”, ovvero “un capolavoro del genio creativo umano”. In questo senso, basti pensare alla lunga strada di atti creativi che hanno portato al continuo sviluppo della propulsione o dell’aerodinamica. Altra caratteristica necessaria è quella di “aver avuto un peso nella storia dell’uomo”: anche in questo caso, i veicoli a motore hanno contribuito in maniera determinante alla mobilità e ai trasporti, al lavoro e al benessere economico, all’emancipazione sociale e alla storia militare. Altri importanti requisiti dettati dall’UNESCO sono di “aver avuto un peso nel paesaggio e nell’urbanistica” (si pensi alle strade e alle infrastrutture per la viabilità), di “aver avuto un peso nello sport” (quante le competizioni motoristiche!) e di “aver avuto un peso nelle arti figurative” (auto e moto sempre protagoniste nel cinema e nella fotografia).
I veicoli storici come opere d’arte contemplano invece altri parametri. Il concetto di oggetto d’arte è completamente diverso e molto più restrittivo rispetto a quello di bene culturale, non solo come valutazione, ma anche per le implicazioni giuridiche che comporta. Anche nell’arte si trovano delle categorie di appartenenza, ma il giudizio o la valutazione di “opera d’arte” vale per le singole opere, che devono rientrare in alcuni parametri oggettivi. Ad esempio, l’esposizione in museo o mostre non solo di settore, la pubblicazione su riviste specializzate e non, l’attribuzione di premi o riconoscimenti, il raggiungimento di un valore di mercato talmente elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità. E ancora, la sussistenza in quel dato oggetto di riconosciute qualità artistiche ed estetiche, o la sua riproduzione attraverso altre forme di espressione artistica. Infine, può essere opera d’arte anche un oggetto prodotto in serie, che è connotazione propria di tutte le opere di industrial design, come i veicoli. Quest’ultima motivazione è forse la più importante, perché elimina quella specie di peccato originale a carico di tutte le opere di industrial design costituita dalla serialità di produzione, rispetto all’unicità che finora era caratteristica esclusiva e dirimente delle opere d’arte.