La Commissione Tecnica dell’Automotoclub Storico Italiano ha attribuito il prestigioso “Certificato di Identità” alle Ducati 175 che tra il 1957 e il 1958 completarono un incredibile giro del mondo con Leopoldo Tartarini e Giorgio Monetti. La speciale sessione di omologazione si è svolta a Porretta Terme (Bologna), con la collaborazione del club locale Auto Moto Storiche Bagni della Porretta. L’evento ha offerto l’opportunità di ammirare le due Ducati – nuovamente insieme dopo tanti anni – e di incontrare Giorgio Monetti per un viaggio indietro nel tempo, un’immersione nei ricordi e nella testimonianza di uno dei protagonisti di quel viaggio ai limiti del possibile. “Poldino” Tartarini ci ha lasciato nel 2015, ma le sue memorie legate a quell’irripetibile giro del mondo sono raccolte nel libro “Road Map” (edizione LullaBit, 2018) e nel docufilm “Una mappa per due” (produzione PopCult, 2013).
Le moto si presentano oggi in condizioni di assoluta originalità, come se avessero appena concluso il giro del mondo (era il 5 settembre 1958) con Tartarini e Monetti eroicamente in sella dopo aver percorso oltre 60.000 chilometri, attraversato cinque continenti e superato innumerevoli peripezie. È tutto impresso sui telai, sui serbatoi, sulle ruote delle Ducati che sono esse stesse libri aperti sulla storia.
Per ASI, questa speciale omologazione è andata al di là della tecnica e dell’originalità dei mezzi esaminati, perché è stata affrontata sul piano della storicità, sul rapporto tra materia ed esperienza, sul racconto metafisico delle due motociclette. Una certificazione simbolica, un modo per sottolineare che ASI tutela e custodisce la storia materiale e immateriale dei veicoli, che racchiudono in sé la strada percorsa dall’Uomo.
IL VIAGGIO DI UNA VITA
“Tenete duro!”, esortava l’allora direttore generale della Ducati Giuseppe Montano nei telegrammi inviati a Tartarini e Monetti. Del resto, in quel lungo viaggio capitò davvero di tutto. “In Siria abbiamo passato dei brutti momenti – scriveva “Poldino” alla madre – perché c’è la guerra e ci sono i partigiani su tutte le montagne che saltano fuori con i mitra”. Ma, “appena sentono che siamo italiani ci lasciano passare dappertutto”, rassicurava Monetti nei suoi scritti.
In Indonesia, a Giakarta, dopo la strage di olandesi e cinesi, i due vennero arrestati come sospette spie. In Venezuela furono bloccati per giorni alla frontiera a causa della rivolta che portò Betancourt alla guida del Paese. In salita sulle Ande si spinsero a vicenda o portarono le moto a braccia, facendo le discese a motore spento per risparmiare carburante.
“Prima di partire mi ero allenato un po’ sulle mie colline – ha raccontato Monetti – senza immaginare cosa avremmo affrontato. Siamo partiti con una cartina del mondo dove un dito copriva 3.000 chilometri”.
All’epoca Monetti era fresco di laurea in giurisprudenza, ma grande appassionato di motori e di viaggi. Amico fraterno di Tartarini (entrambi classe 1932), già affermato campione motociclistico in casa Ducati. Dopo un incidente, però, fu costretto a rinunciare alle gare: “Dovevo smettere di correre, ma non potevano impedirmi di fare il giro del mondo”.
LE MOTO DELLA RINASCITA
La serie delle Ducati 175 ha rappresentato una svolta epocale per la Casa di Borgo Panigale, che nel secondo dopoguerra si era risollevata con il piccolo “Cucciolo” e poi con le motoleggere da 60 cc. Successivamente, con l’arrivo del geniale Fabio Taglioni, Ducati è approdata alle corse e alle moto sportive per le gare di “gran fondo” tanto in voga negli anni ’50. Per questo, alla fine del decennio, è arrivata la “175”, prima motocicletta Ducati concepita per i viaggi di media e lunga distanza, equipaggiata di una versione potenziata del già noto monocilindrico a coppie coniche.
La “175” – che ha esordito al Salone di Milano 1956 –rappresenta l’idea che ha sempre ispirato la Ducati, cioè il trasferimento di tecnologia dalle corse alla strada. Il suo motore monoalbero, il primo ad essere offerto al pubblico su un modello di serie, deriva direttamente da quello delle Gran Sport. Si tratta di un monocilindrico a quattro tempi inclinato in avanti di 10°, con distribuzione a monoalbero in testa comandata da alberello e coppie coniche con due valvole; in base alle versioni eroga da 11 a 14 CV. Il telaio è a monoculla aperta in tubi d’acciaio, con forcella anteriore teleidraulica e sospensione posteriore a forcellone oscillante e due ammortizzatori.